22. Cappella di Sant’Anastasia (ora Sant’Anna) (Sale SanGiovanni – CN)

Cappella di Sant’Anastasia (ora Sant’Anna) (Sale SanGiovanni – CN)

La cappella di sant’Anastasia risale al 1050. Probabilmente opera dei monaci del monastero benedettino di San Benedetto Belbo, emanazione di quello di Santa Maria di Castiglione di Parma. Dal 1584 la dedicazione a sant’Anna sostituì quella a santa Anastasia.
L’analisi della struttura e la discontinuità delle murature fa ipotizzare una costruzione in più tempi e rimaneggiamenti: all’inizio doveva essere un semplice arcone aperto sul davanti, l’attuale abside, che fu successivamente ampliato verso la navata principale. Sorgeva in prossimità della grangia della Gamellona dove i monaci benedettini davano assistenza morale e materiale ai pellegrini.
L’affresco più antico è forse il san Giacomo, sulla destra dell’arco trionfale. Nella volta a botte, ridotte poco più che a sinopie, quattro storie dell’infanzia di Gesù (Annuncio ai pastori, Natività, Adorazione dei Magi e Strage degli innocenti) presentano personaggi dalle forme allungate di cui si riconosce solo il contorno rosso del disegno e i colori base rosso e giallo ocra (23).
Sul fondo dell’abside, un affresco datato 1493, probabilmente opera del maestro di Lignera, rappresenta, tra i santi Rocco e Romeo, una santa Anastasia come bionda fanciulla, in veste rossa e manto bianco e verde pallido con, nella destra, la palma del martirio e un libro nella sinistra. Abbondano i riferimenti ai pellegrinaggi al santuario di Compostela: il cappello di san Rocco e, sulle spalle di san Romeo, la conchiglia e il bordone (91).
Sempre sulla parete di fondo a sinistra sono raffigurati san Bernardo d’Aosta e sant’Antonio Abate, a destra una Madonna con il Bambino, san Giovanni Battista e un angelo musicante. Lo stile è ancora quello del maestro di Lignera, la qualità un po’inferiore potrebbe indicare la mano di un seguace o di un collaboratore, forse il Maestro di Cosseria.
Un affresco del 1711 con i santi protettori san Sebastiano, san Bovo e san Rocco, è stato fissato su un supporto rigido e murato nella parete di sinistra accanto all’altro dipinto, anch’esso del 1711, raffigurante Maria bambina fra sant’Anna e san Gioacchino, restaurato e consolidato a sua volta. Sotto il primo è apparso il dipinto di un san Sebastiano legato ad un albero di ciliegio dai rossi frutti, con nove frecce infisse nel corpo e inserito in una cornice listata di nero, probabile opera di Bartolomeo Botonieri da Cherasco (143). In alto la scritta “Sebasti(an)us et Batista de Baioni f.f. (fecerunt fieri) MVCL (1550)” rivela data e committenti.
Anastasia fu processata e, dopo il suo rifiuto di abiurare il cristianesimo, fu torturata, legata al palo ed arsa viva il 25 dicembre 304, durante l’ultima persecuzione dei cristiani ad opera dell’imperatore Diocleziano. Dopo lo Scisma d’Oriente del 1054, la figura di Anastasia, riconosciuta santa da entrambe le chiese, ha acquistato una grande importanza quale simbolo di unione tra il mondo Cattolico e quello Ortodosso Romano.
Promotore del restauro degli affreschi è stato il pittore russo Pierre Tchakhotine, trasferitosi a Murazzano nel 1987. Nel 1991 costituì un comitato con il compito di reperire i fondi necessari al restauro, al quale collaborò il pittore russo Valeri Pianov, inviato dal Ministero della Cultura di Mosca. Sempre su sua iniziativa, nel 1995, due icone che raffiguravano santa Anastasia, una dipinta secondo la tradizione occidentale e l’altra secondo quella orientale, furono spedite nello spazio sulla stazione MIR, nell’ambito della missione “Santa Anastasia – una speranza per la pace”, per contribuire alla riconciliazione dei popoli dell’ex-Jugoslavia: i Croati e gli Sloveni, che sono in maggioranza cattolici, e i Serbi in maggioranza ortodossi. L’iniziativa era patrocinata dall’Unesco e le icone furono benedette dal papa Giovanni Paolo II, dal patriarca di Mosca Alessio II e dal patriarca di Serbia Pavel. Al loro ritorno sulla Terra le icone furono trasportate a Sremska Mitrovica, terra del martirio della santa, per contribuire, secondo le intenzioni delle Chiese Cattolica ed Ortodossa, alla pacifica convivenza dei popoli balcanici.

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