L’ARTE RELIGIOSA

CHIESA CIMITERIALE DI S. MAURIZIO

di Castelnuovo di Ceva

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Agli inizi del XV secolo la Val Bormida conosce un’intensa stagione artistica grazie alla presenza di maestri, in molti casi rimasti anonimi, portatori di una cultura tardo gotica lombarda, formatasi nella vicina area monregalese.
Si tratta di un intenso movimento artistico di pittori itineranti che coinvolse numerose chiese valbormidesi che ancora conservano preziosi cicli di affreschi.
Questi artisti seppero elaborare un linguaggio fatto di immagini comprensibili da tutti, la cosiddetta biblia pauperum, con racconti delle storie di Gesù, di Maria e dei Santi.
Un pregevole esempio è conservato nella chiesetta cimiteriale di Castelnuovo di Ceva, dedicata a San Maurizio.
Gli affreschi sono concentrati nell’area absidale e raffigurano storie della vita di Gesù, le gesta di San Maurizio e della legione Tebea, gli Evangelisti.
Il ciclo di affreschi è stato attribuito a un anonimo pittore ligure-piemontese, certamente legato all’area monregalese; alcuni studiosi, con molte riserve, hanno attribuito gli affreschi ad Antonio da Monregale, datandoli al 1459.
Un elemento che deve essere sottolineato è la qualità nella tecnica decorativa e soprattutto la cura con cui sono stati realizzati i particolari nell’abbigliamento e negli oggetti
La storia di San Maurizio è stata tramandata nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, sicura fonte di ispirazione per il pittore monregalese che sembra comunque averla lievemente reinterpretata.
Nella fonte agiografica si racconta che Maurizio era a capo della legione Tebea, il cui nome deriva dalla città di origine, Tebe, sita in una regione al di là dei confini dell’Arabia.
Gli Imperatori Diocleziano e Massimiano volendo sradicare la religione cristiana in tutto l’Impero romano comunicarono alle varie province la richiesta di inviare uomini armati a Roma per attuare il loro proposito. I Tebei raccolsero un esercito di seimila seicento sessantasei soldati con a capo il famoso soldato Maurizio con l’intento però di essere impiegati in guerre giuste, non contro i Cristiani. Maurizio esortò infatti i suoi a farsi uccidere piuttosto che tradire la fede di Cristo.
In seguito al rifiuto di Maurizio e dei suoi di fare sacrifici agli dei, l’imperatore inviò una milizia presso di loro per obbligarli a svolgere i riti pagani pena la decapitazione. Alcuni soldati tebei si offrirono con serenità al martirio quasi agognando la morte, allora Maurizio invitò tutta la legione a seguirli. Fu così che vennero circondati e trucidati.
Iacopo da Varagine riporta che Ambrogio, nella Prefatio dedicata ai martiri, riporta che l’Imperatore condannò alla decapitazione san Maurizio e i suoi legionari che, con il volto sereno, si inginocchiarono per ricevere il supplizio.
Il ciclo di affreschi impegna tre riquadri della parete sinistra dell’abside.
La prima scena, dipinta all’interno di una lunetta, raffigura San Maurizio e i soldati della Legione rappresentati con i vessilli della cristianità, in ginocchio nel momento in cui ricevono la benedizione da San Dionigi.
Il secondo riquadro raffigura San Maurizio al cospetto dell’Imperatore che con atteggiamento minaccioso accusa il comandante di disubbidienza. Questa scena si allontana dal racconto di Jacopo da Varagine, ma non altera comunque il senso del racconto.
Nel terzo riquadro, facendo fede al racconto di Ambrogio, il pittore ha raffigurato i Santi in fila pronti serenamente ad affrontare il martirio. La ieratica rassegnazione dei condannati e la serenità con cui affrontano il supplizio contrastano con la rozzezza del boia.
Particolarmente interessante è l’insolita rappresentazione di uno strumento precursore della ghigliottina documentato a partire dal XIV secolo nel nord Europa.
Sulla parete di fondo del’abside, al di sopra dell’altare, domina una suggestiva Crocifissione. Alla sinistra del Cristo in Croce la Madonna accasciata e prostrata dal dolore; ai piedi della Croce Maria Maddalena con i capelli sciolti e sulla destra una pia donna in atto di preghiera.
Nei riquadri sottostanti, ai lati dell’altare, compaiono le figure di San Maurizio, a sinistra, e di San Michele, a destra, entrambi in lussuosi abiti rinascimentali. San Maurizio che con la mano destra sorregge il vessillo di Cristo, cavalca un destriero con la coda annodata riccamente bardato.
Imponente la figura di San Michele, incorniciata da splendide ali che schiacciando il demonio pesa le anime.
Il lato destro dell’abside è occupato da due scene della vita di Cristo. Nella lunetta vi è la Natività: Gesù giace nella mangiatoia riscaldato dal fiato dell’asino e del bue al quale accarezza il muso. Particolare interessante è la rappresentazione dell’Annuncio dell’angelo ai pastori.
La seconda scena, divisa dalla finestra in due riquadri, raffigura l’Adorazione dei Magi: a sinistra la Madonna ha sulle ginocchia il Bambino che non sembra appena nato ma bensì già grande come descritto nei Vangeli apocrifi. Porta al collo una collana di grani di corallo rosso terminante con u crocifisso. In ginocchio nell’atto di baciare i piedi al bimbo dovrebbe essere, secondo la tradizione, Melchiorre, anziano, stempiato e con la barba. Al suo fianco un servo sorregge il contenitore per l’incenso. Sul lato opposto Baldassarre e Gaspare attendono di avvicinarsi a Gesù. Alle loro spalle cavalli trattenuti da un palafreniere e dromedari.
Le vele della volta dell’abside accolgono la raffigurazione dei quattro Evangelisti.
Nella chiesina di Castelnuovo è conservata un’ulteriore curiosità. Sulla parete a destra dell’altare è stata rappresentata da un ignoto frescante l’immagine della Sacra Sindone da ricollegare al passaggio, nel 1706, del Sacro lenzuolo portato via da Torino dalla famiglia Sabauda in fuga. L’episodio lasciò un profondo segno nella religiosità valbormidese.

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