Il ricordo di Paola

postato su facebook a giugno 2013

PAOLA PITTALUGA

Castelnuovo nei miei ricordi di bimba.
I PROFUMI DI CASTELNUOVO

Ogni anno era la stessa storia.
Era praticamente impossibile dormire. Era la notte della vigilia. Mi sembrava che le ore non passassero mai.
Poi finalmente arrivava il giorno e cominciava il rito frenetico del trasporto dei bagagli, del saluto alla vicina che avrebbe bagnato le piante, di tutte quelle “cerimonie” che sembravano allontanare sempre di più’ la tanto agognata partenza.
Ero talmente eccitata che durante il viaggio non esisteva la fame, la sete, la voglia di fare la pipi’, solo il desiderio di arrivare presto.
La prima volta che sono arrivata a Castelnuovo avevo sei anni, non avrei certo pensato che per altri dieci, questo paesino sarebbe stato il palcoscenico della mia infanzia, della mia adolescenza, dove a partire dalle piccole schermaglie fra bimbi, ad arrivare all’emozione dei primi baci, avrei sperimentato quanti profumi ci possono essere durante l’estate,
Ricordo tutto di quegli anni, ricordo quella fetta di vita quando tutto era esageratamente bello, quando gli unici doveri consistevano nel presentarsi a tavola per pranzo e cena in orario e, almeno per un un paio di ore al giorno c’erano i compiti delle vacanze.
Non avrei mai immaginato di perdere la testa per un posto cosi’.
Una piazza, la chiesa, le stalle, tanti prati, ma soprattutto tanti tanti amici.
Li’, ho capito che qualsiasi posto può’ essere quello giusto se si e’ con la compagnia giusta.
In quegli anni i “profumi” che ricordo sono tanti , e anche oggi che purtroppo a Castelnuovo ci torno raramente, posso dire che certi profumi sono solo li.
Il profumo del pane caldo che arrivava da forno del Signor Moretti, e’ il più’ buono che io abbia mai sentito.
Ricordo che in paese si usavano ancora le bombole del gas, pertanto l’unica possibilità’ di cuocere nel forno rigorosamente a legna, la dava alle nostre mamme proprio lui.
Era cosi’ che, ultimata la cottura del pane, un corteo di donne con teglie accuratamente avvolte dentro strofinacci da cucina, si recavano a cuocere torte dolci e salate e , approfittando dell’attesa, prendevano l’occasione per scambiare qualche discorso.
A Castelnuovo non c’era l’edicola di giornale, ma tante donne, tutte insieme che attendono, sanno fare con le loro chiacchiere concorrenza alla carta stampata.
Quando tutto era pronto, le stradine del paese si riempivano dei vari profumi delle delizie appena sfornate,
Anche il latte, con il suo profumo intenso fa parte dei miei ricordi di bambina.
Non c’erano le raccolte a punti, la bottiglia te la dovevi portare, ma il rituale del latte era per noi bambini uno dei momenti più’ divertenti della giornata.
Ogni villeggiante ad inizio stagione si prenotava per il latte da chi aveva le mucche, e noi ogni sera alle 18.00 facevamo il giro delle varie stalle, accompagnandoci l’uno con l’altro.
Le risate che nascevano da questa circostanza erano inverosimili.
Sembra strano ma le padrone delle stalle sembravano fatte tutte con lo stampino. Sembravano uscite dal presepe, fazzoletto in testa, senza denti, qualche pelo sul mento, insomma tutte quelle caratteristiche che puntualmente, durante l’operazione della mungitura , ci facevano sorridere alle loro spalle , sperando di non essere sorpresi, altrimenti chi avrebbe più’ avuto il coraggio la sera seguente di andare a prendere il latte?
Quando c’era il temporale lo sprigionarsi dei profumi era a dir poco inebriante.
Ricordo il piacere che si provava, riparati magari dentro ad un fienile, a sentire la pioggia che picchiava con insistenza sul tetto.
Poi, dopo, con il passare degli anni, la pioggia con il suo rumore , il fienile , sono stanti gli elementi scatenanti delle prime innocenti passioni, dei primi baci, talvolta delle prime delusioni.
Se capitava che durante un temporale dovessi stare in casa, per me era una vera sofferenza. più di una volta mi sono trovata ad invidiare i bambini che abitavano nella casa di fronte perché’ erano in cinque, e pertanto non sarebbero mai stati soli.
Anche chiusi in casa avrebbero potuto tranquillamente giocare persino a nascondino.
A Castelnuovo venivano anche tanti francesi e credo che sia da quel momento che ho iniziato a simpatizzare per la musicalità’ della loro lingua e la loro indubbia eleganza.
Quando le mamme francesi chiamavano i loro bambini perché era giunta l’ora di magiare o dormire, avrei voluto essere francese anch’io.
Ancora oggi per gioco con mia figlia che a differenza di me il francese lo sa parlare, mi diverto a dirle “vite, vite a manger” e alla sera “vite vite a coucher parce que il est tard”, mi sembra un modo più dolce di dire “vieni a mangiare” oppure “vai a dormire , perché e’ tardi”.
Era bello stare a Castelnuovo d’estate, perché’ anche per le mamme e i papa’ l’orologio non esisteva.
Ogni casa di Castelnuovo, aveva vicino al portoncino la sua panchina e su ognuna di queste come fossero stati i posti a sedere del cinema, chi arrivava prima prendeva il posto migliore. La più quotata era la panca di Concessa.
Concessa, non era solo la nonna del nostro amico Mauro, era la nonna di tutti.
Era il nostro riferimento, il nostro telefono senza fili, la nostra mediatrice con i genitori se volevi stare a giocare mezz’ora di più’
Che sballo, mentre i “grandi parlavano” noi piccoli impazzivamo per giocare a guardia e ladri o a nascondino, poiché’ avevamo a disposizione appena arrivava il buio, il prato di Jose, la Cappelletta alta, quella bassa, la Torre e per i più’ coraggiosi anche il Cimitero, basta non farsi trovare.
Al mattino, oltre al profumo di pane caldo, arrivava dai lavatoi il profumo del sapone.
Ogni volta che carico la lavatrice penso a quanto mi piacerebbe fare un po’ come facevano le contadine di Castelnuovo.
Non era il set di un film di Dino Risi, ma sentirle cantare mentre fregavano il bucato, mi fa pensare che loro con le loro mani ruvide e arrossate, si sentissero molto meno stressate di noi che possiamo scegliere tra un lavaggio forte o delicato, con o senza centrifuga solo ruotando una manopola.
Altro che asciugatrice, il prato verde, il sole caldo, la frasca aria pulita, asciugavano quelle lenzuola che ben presto avrebbero confortevolmente accompagnato il sonno di chi magari aveva lavorato tutto il giorno nei campi od era stato seduto per ore sul trattore.
Gia’ i campi,
Ricordo il profumo del grano quando veniva tagliato,
Un profumo pungente, ma per noi bambini, anche se ci sgridavano, era impossibile rinunciare al fascino della trebbiatrice, che minacciosa come un mostro arrivava puntualmente ogni anno di casa in casa di famiglia in famiglia, per sveltire un lavoro che nemmeno mille braccia sarebbero state in grado di fare,
Non avevamo grandi giochi ma le giornate trascorrevano con una velocità’ impressionante,
I rintocchi del campanile scandivano i momenti principali della giornata.
Le campane che suonavano per avvertire che era arrivato mezzogiorno, segnavano anche la partenza per chi arrivava prima al pozzo.
C’era una processione in piazza per attingere l’acqua più’ buona che io abbia mai bevuto. Lo stesso rituale si ripeteva alla sette di sera per la cena e più’ che l’acqua sembrava che sgorgasse un elisir di lunga vita,
A quei tempi tante mamme facevano le casalinghe e pertanto era abbastanza normale che fossero loro a rimanere in villeggiatura coni i figli , mentre i papa’ escluso i tanto agognati quindici giorni di ferie, per il resto dell’estate, facevano i pendolari del fine settimana, arrivando ogni venerdì sera per poi ripartire all’alba del lunedì mattina , per essere al lavoro in orario,
La schiera dei papa’ che arrivavano al Venerdì’ sera era un momento soprattutto per le figlie femmine a dir poco magico.
Ci si appostava nel punto più’ alto del paese per riuscire a vedere transitare curva dopo curva le varie macchine che arrivavano.
L’arrivo di ogni papa’ era un momento di festa, La più’ sfortunata era quella che aveva il papa’ che arrivava per ultimo perché rimaneva sola ad aspettare e l’attesa , da soli, sembra più’ lunga,
Ognuno di loro portava qualcosa.
Il mio era particolarmente generoso e quindi mi portava di tutto, ma la cosa che preferivo non era il gioco in auge al momento o un indumento alla moda, era il suo preziosissimo pesto, col il suo inebriante profumo.
Eh si l’unica cosa che mancava a Castelnuovo, era il nostro basilico ligure, quello che deve il suo delicato aroma all’aria che provienine dal mare.
Era cosi’ che per supplire a questa mancanza il mio papa’ ci portava un prezioso vasetto che sarebbe durato per tutta la settimana.
In questo paesino che nei fine settimana si popolava di uomini, il tempo scorreva serenamente, ma come tutte le cose belle in maniera troppo veloce.
Castelnuovo di Domenica assumeva proprio il vestito della festa.
Le donnine del presepe da cui andavamo a prendere il latte, per quella giornata si trasformavano.
Abbandonavano i consunti fazzoletti che portavano in testa, sfoggiavano il vestito migliore , dando un’aggiustatina al look.
Anche gli uomini, vestiti con l’abito della festa, ripuliti e sbarbati sembrava fossero passati dall’ufficio anagrafe per modificare la data di nascita,
C’era poi il papa’ di Giuseppe, che per onorare il giorno di festa sfoggiava il suo occhio di vetro.
Durante la settimana sembrava un pirata.
Passava fiero sul suo trattore con la benda sull’occhio, ma alla Domenica no, evidentemente anche l’occhio voleva la sua parte, e cosi’ come fosse stato un orologio, un bracciale, per quel giorno era in bella mostra.
Eh si alla domenica tutti, cosi’ tirati a lucido sembravano improvvisamente ringiovaniti.
Motivo di tutti questi preparativi la “Messa”
Quello, se non si voleva incorrere nelle critiche di “Don Vale” doveva essere un appuntamento obbligato, altrimenti si rischiava di essere lo spunto per la predica della domenica seguente.
Una volta entrati in chiesa ci si rendeva subito conto di come dovevano funzionare le cose.
Gli uomini da una parte, le donne dall’altra, i bambini nelle prime panche, i vecchi e poi, tutti gli altri.
Ricordo che noi bambini ci ricordavamo di essere in chiesa soltanto al momento di cantare, poiché’ il tempo rimanente lo impegnavamo a guardarci attorno, cercando di catturare le occhiate furtive tra una fila e l’altra.
Sembravano tutti attenti alla predica ma chissà’ perché’ alla domenica pomeriggio, le donne sedute sulle panche passavano il tempo a commentare su quanto erano riuscite a registrare mentalmente durante la Messa.
Altro punto di incontro per tutte le donne di Castelnuovo e non, era il negozio della Jolanda.
Non era un negozio, era il posto delle meraviglie.
Se Mary Poppins avesse avuto un negozio sarebbe stato cosi’.
Chi entrava per comprare pane e prosciutto, quasi sicuramente usciva dal negozio due ore dopo, con una parure di lenzuola, gli strofinacci per la cucina e perché’ no le stringhe per le scarpe.
Nella migliore delle ipotesi in quelle due ore avevi imparato una nuova ricetta per cucinare il coniglio oppure un rimedio naturale per i fastidiosi calli,
Gia’ se andavi dalla Jolanda potevi avere tutto questo, altro che supermercati megagalattici dove nessuno sa chi sei , cosa desideri e che problemi hai.
Dalla Jolanda se non potevi pagare non era un problema, estraeva dal cassetto un quaderno ultra consunto, sul quale annotava e cancellava debiti e crediti di chi entrava nel suo negozio.
Altro che “Non toccare!”.
I bambini più’ piccoli potevano tranquillamente prendere le caramelle, che lei puntualmente regalava, e noi più’ grandicelli potevamo misurarci jeans e magliette, pescando da grossi scatoloni.
La Jolanda, con il suo sorriso lo rivista dopo tanti anni, ora non ha più’ il negozio, ma la sua generosità’ riesce ad elargirla comunque, regalando le sue uova, le sue zucchine in cambio di un solo sorriso, di un abbraccio, di un cenno al tempo che e’ stato, alle persone a cui era legata e che non ci sono più’.
Le settimane passavano e arrivati ad Agosto il fermento cresceva in attesa della festa dell’Assunta, con l’albero della cuccagna, la pesca di beneficenza,la processione.
In quell’occasione gli uomini del paese facevano a gara, per mostrare la loro prestanza fisica.
La piazza del paese per tutto il pomeriggio veniva chiusa al transito delle macchine, perché’ vi erano le partite di pallone elastico,
In altri posti si improvvisavano tiro alla fune, corsa dei sacchi e per i più’
pigri i tornei di carte.
Per due giorni il 15 e il 16 di Agosto nessuno pensava al lavoro.
Nelle strade dove di solito transitavano trattori, carri trainati dai buoi, che spesso lasciavano lungo il cammino i loro ricordini non troppo profumati, si poteva tranquillamente andare in bicicletta o giocare a palla.
Eppure nei giorni lavorativi, per noi bambini era uno sballo farci trainare dai carri o addirittura salirci sopra fregandocene del tipo di trasporto, sia che fossero patate, fieno o alla peggio letame.
A Castelnuovo tutto ci faceva divertire, tutto creava divertimento, tutto ci faceva pensare che quello fosse il Paradiso.
Per divertirci facevamo lavorare sempre la nostra fantasia.
I più’ tanti, me compresa, avevano la bicicletta ma avremmo tanto voluto un motorino,
Fu cosi’ che iniziammo a scorrazzare per le strade, soprattutto quelle in discesa, cosi’ il rumore era più’ forte, mettendo dei cartoncini nei raggi della bicicletta.
La consolazione era magra, ma mal comune mezzo gaudio, eravamo tutti molto soddisfatti dell’alternativa escogitata.
Non avevamo la wii, il computer, la play station : avevamo i prati.
I prati sono stati il palcoscenico dei nostri giochi,
Il prato di Jose, il prato della Cappelletta alta, quello della Pisciarotta erano il palcoscenico più’ versatile che si potesse avere.
Dapprima hanno ospitato le nostre capanne, veri e propri fortini, spesso suddivisi tra bambini del paese e bambini villeggianti, poi, col passare degli anni , veri e propri complici dei primi amori , senza distinzioni tra abitanti e villeggianti.
Chi non ricorda il gioco della bottiglia o quello ancora più’ intrigante della pagliuzza?
La cosa più eccitante era riuscirsi a sedere vicino a chi in quel momento ti faceva battere il cuore, almeno se la pagliuzza finiva, per quel giorno il bacio a fior di labbra era assicurato.
Altro divertimento era stendere la coperta e sdraiarsi ad ascoltare i dischi.
Altro che mp3 e hipod.
Ognuno di noi portava i suoi dischi neri in vinile e a rotazione chi lo aveva, il mangiadischi, in quel mondo la spesa delle pile per farlo funzionare, era equamente suddivisa.
Verso i quindici anni, non essendoci una discoteca, riuscimmo a farci prestare una stanza nel “club” dove gli anziani giocavano a carte e bevevano il vino.
Tra un ballo lento e l’altro, la musica di Loredana Berte, Claudio Baglioni e Lucio Battisti, le nostre serate trascorrevano e noi iniziavamo a sentirci grandi, i divieti dei genitori cominciavano a starci stretti e qualcuno cominciava furtivamente a fumare anche le prime sigarette.
A Castelnuovo si poteva arrivare solo in automobile.
L’unico mezzo di trasporto per poter raggiungere Ceva, praticamente una Metropoli, era la corriera del Mercoledì’.
Alle 7,30 di ogni mercoledì mattina, tutti tirati a lucido come la domenica, se volevamo raggiungere il mitico mercato di Ceva, dovevamo essere puntuali.
Non era un semplice mercato era una vera e propria fiera.
Si poteva fare veri affari comprando anche quattro golfini al prezzo di uno, ma c’era anche chi poteva acquistare bestiame, conigli, galline, etc…
Ecco perché’ spesso, sulla corriera del ritorno i profumi che si sentivano non erano dei migliori, sembrava infatti di essere sull’arca di Noè’.
Ad ogni curva conigli e pulcini rischiavano di schiacciarsi l’uno contro l’altro.
Con l’arrivo di Settembre assieme alla fine delle vacanza, arrivava il momento dei “funghi”.
Mai in vita mia li ho sentiti cosi’ profumati.
Fuori da ogni casa, le cassette dei funghi messi a seccare, erano uno stimolo continuo per l’olfatto di chiunque si trovasse a passare di li’.
Ricordo la Mariettina, piccola, zoppa, gobba, zitella, acida, con un odio profondo per noi bambini, sopratutto se figli di villeggianti ma , con una grande dote: entrava nel bosco come un folletto e dopo poche decine di minuti ne usciva con il grembiule pieno di funghi.
Noi bambini con una tipa cosi’ , andavamo a nozze.
Ci divertivamo a prenderla in giro, a farle gli sberleffi dietro, ma ogni volta che provavamo a seguirla per carpire i suoi itinerari preziosi delle fungaie, riusciva perennemente a seminarci.
Quella credo fosse la sua rivincita, il suo modo per controbattere alle nostre angherie, visto che anche i bambini se vogliono sanno essere crudeli.
Questo era ed e’ ancora, per chi ha la fortuna di andarci, Castelnuovo.
Io personalmente, sarò’ sempre grata ai miei genitori di avermi dato la possibilità’ per anni e anni di stare in “villeggiatura” da quando finiva la scuola a quando riprendevano le lezioni.
Mi rendo conto che adesso , che anche i bambini sin da piccoli sono abituati a prendere l’aereo e a raggiungere mete da favola, sorriderebbero confrontando tutto questo a Castelnuovo, ma di sicuro non possono capire il piacere di ritornare ogni hanno nello stesso posto, con gli stessi amici condividendo giochi, amori, a volte dispiaceri, ma soprattutto crescendo nella consapevolezza che , il valore dell’amicizia, del’ apprezzare anche le più’ piccole cose, la complicità’, il gioco di squadra, te lo possono dare non i quindici giorni trascorsi nel più’ moderno dei villaggi turistici, ma i mesi e mesi trascorsi sui prati, seduti sul muretto nella piazza o tra gli scatoloni della Jolanda.
Grazie Castelnuovo, forse e’ proprio per questo che oggi apprezzo ogni piccola cosa, mi piace il vento tra i capelli, l’aria fresca sul viso, il profumo dei fiori,un cielo stellato.
A Castelnuovo il cielo e’ sempre stato uno spettacolo.
Li’ forse, ancora adesso le stelle brillano un po’ di più’.

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